Alcune cose che ho detto sulla poesia contemporanea
La settimana scorsa ho partecipato a All’ora di Amadeus, con Flavio Azzarelli e Luca Valerio, parlando di poesia, informatica, videogiochi, scuola.
Se vi siete persi lo streaming, potete recuperare tutto su YouTube.
E sempre la settimana scorsa è uscita su Sanba Radio una mia intervista in cui dico quello che penso della poesia contemporanea.
Buon divertimento.
Bundle for Racial Justice and Equality
Segnalo un bundle abbastanza particolare, il “Bundle for Racial Justice and Equality“, nato su itch.io per raccogliere fondi per associazioni come The NAACP Legal Defense and Educational Fund che si occupano di tutela delle minoranze nere, contro il razzismo e la violenza della polizia.
Il bundle era nato con un obiettivo abbastanza ambizioso, raccogliere 100.000 dollari in cambio di un nutrito pacchetto di videogiochi, oltre cento.
Ma il successo dell’iniziativa è stato superiore a quello che avevano stimato gli organizzatori: il tetto è stato spostato a un milione di euro e poi ancora a cinque milioni di euro, mentre i videogiochi e gli altri materiali offerti nel bundle sono lievitati ben oltre il centinaio iniziale.
Nel momento in cui scrivo il bundle ha raccolto più di quattro milioni e mezzo di dollari offrendo ora un pacchetto di oltre millecinquecento progetti.
Cosa c’è dentro il pacchetto? Di tutto. Ci sono alcuni videogiochi indie di ottima qualità, come A night in the woods, Sagebrush, Minit, Oxenfree, cose sperimentali e borderline come Strawberry cubes o Hollow head, videogame dichiaratamente narrativi come The night fisherman, Far from noise o Serre, fumetti underground, schemi d&d a tema gay, fanzine, fuffa insostenibile, sprite, fondali di foreste, colonne sonore zen, provocazioni e tantissima altra roba. Tantissima.
È uno spaccato nel mondo dei piccoli sviluppatori di idee, videogiochi, giochi da tavolo, mondi che va tranquillamente dai giochi di genere, text adventure, cloni di cloni di metroidvania, sparatutto, accanto a videogiochi in cui si discute per ore di vita e morte con un alce o ci si innamora di un essere alieno che vuole conquistare il nostro giardino pensando che sia l’intero pianeta terra.
Ho avuto, aprendo e curiosando questo bundle, la stessa sensazione di quando – negli anni ottanta – ricevevo il paccone di floppy 5 1/4 carichi di videogame per Apple II, li infilavo uno a uno dentro al drive senza mai sapere cosa mi sarei trovato davanti. Giocavo, capivo, catalogavo, segnavo, scartavo. Mi facevo delle idee.
Ecco, qua oltre all’azione politica e sociale, c’è anche una grossa libreria di idee a cui altrimenti non è detto che si sarebbe riusciti ad arrivare.
Se dico didattica – Talk pedagogici: Giochi e didattica
Lunedì sera ho partecipato a una vivace chiacchierata (organizzata dall’Associazione Laudes) con Fabio Poroli e Michelangelo Pecoraro.
Si è parlato di scuola, didattica, gioco in classe, digitale, gamificazion, videogiochi, programmi, classi, tempi, frustrazioni, segregazione & sorveglianza, studenti e gamberi. Forse qualcosa di interessante, di discutibile, di stimolante si è anche detto.
È possibile rivedere l’intero video in tutti i suoi gloriosi ottantasette minuti. Enjoy.
Della temperatura dell’informatica
Recentemente la didattica a distanza sembra aver aperto le gabbie del pensiero dei luddisti del digitale, persone diversissime fra di loro, accumunate da un nemico comune: il computer.
Il computer, in sintesi, fa male: fa male per ragioni climatiche prima di tutto: è freddo. Freddi i suoi ragionamenti, è distraente, allontana dalla grossa coperta di Linus di tanti intellettuali italiani, il libro.
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Una foresta di voci
Dopo due giorni di lavoro (e grazie all’aiuto di primogenito per gli algoritmi più importanti) ho scritto una poesia elettronica che da tempo avevo in mente di realizzare.
Si tratta una foresta di 37 alberi che generano parole. Ci si muove dentro, ad occhi chiusi, solo grazie all’aiuto delle voci, o utilizzando una mappa che ci segnala la nostra posizione all’interno della foresta.
La voce è di Maria Cecilia Averame che gentilmente me la cedette per una poesia sonora una ventina di anni fa.
La foresta funziona, per ora, con Google Chrome e Firefox.
Tenendo premuto il pulsante del mouse si cammina in avanti, muovendo il mouse sulle estremità destra e sinistra della finestra ci si volta da una parte o dall’altra.
Ma i videogiochi sono solo giochi?
Per chi segue questo blog questa domanda potrà sembrare curiosa, eppure recentemente è emersa – ovviamente in altri termini – all’interno della scena degli appassionati di avventure testuali. Nel numero 21 di Retromagazine, Vincenzo Scarpa afferma che un’avventura testuale non è un romanzo, anche se mi sembra giusto precisare che si tratta anch’essa di una forma narrativa
, mentre Francesco Cordella si chiede se la narrativa interattiva sia più profonda e più prestigiosa rispetto alle text adventure
e Vallarino, citato da Cordella, chiude un suo post dicendo che ognuno di noi, se ha una buona storia in mente, può scriverla così com’è, senza doverci per forza aggiungere elementi ludici o interattivi per tentare di trasformarla in quello che non è: un videogioco
.
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Detention: un videogioco per scoprire la storia contemporanea
Dopo sette ore di gioco ho finito Detention. Mi infilavo nel letto a giocare a questo rilassante videogioco horror ambientato in un mondo di spiriti tipici della cultura e mitologia taiwanese che è abbastanza angosciante.
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Minit o delle meccaniche del videogioco
Ho finito qualche settimana fa di giocare a Minit. Bianco e nero, grafica 8-bit, suoni perfetti, gioco da febbre, personaggio che – qualunque cosa tu faccia – ogni sessanta secondi muore, boss finale con tutti i rismi e i crismi del boss finale, mondo folle che vive in una mitologia del videogioco, pezzi dannatamente difficili, da fare e rifare alla nausea per arrivare a finirli al secondo, mappa tutta da scoprire, apparentemente senza logica, in realtà che segue una logica frammentata ma precisissima, nascosta c’è anche una storia e tante sensazioni.
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Prevedere il Futura
Telematica: presto avremo in casa uno o più oggetti che le conoscenze e la tecnologia di oggi ci consentono appena di immaginare. La componente base sarà un video a colori sul quale riceveremo dati, notizie, immagini televisive, disegni; per trasmettere le nostre comunicazioni avremo una tastiera, appena più complicata di quella di una macchina per scrivere, o qualcosa che somiglia a un cruscotto di automobile o, addirittura, niente. Useremo la voce, e il computer, nascosto dietro il video, invierà quello che desideriamo, a chi vogliamo.
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Il virus è (ha) un linguaggio
Tra qualche ora inizierà la seconda puntata di KatÀstrofi – Stati di eccezioni televisibili
Questa volta la riflessione partirà dal ribaltamento di un luogo ormai comune della letteratura e della cultura: il linguaggio è un virus. Da Artaud a Burroughs molti artisti ed intellettuali hanno paragonato le arti ad un agente virale. Ma ora siamo costretti a ribaltare la frase e a chiederci, piuttosto: il virus è (ha) un linguaggio?
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