Infetto: un ebook game (?) pieno di zombie

Continua con questo post l’indagine sull’interactive fiction consumer, ovvero prodotti editoriali che si basano su letture non lineari: ebook game, narrazioni interattive, testi nativi digitali. Dopo l’intervista agli autori di Lifeline, questa volta tocca a un prodotto ebook in italiano (anche se in traduzione): Infetto.

Infetto è un ebook di James Schannep, pubblicato in Italia da Catnip edizioni. Disponibile in formato ePub e per Kindle, Infetto è un testo che – quanto a struttura narrativa – potrebbe benissimo essere una polistoria.

Lo stile

Copertina Infetto

Diciamo subito che la scrittura di James Schannep è molto di genere, bada principalmente ad essere efficace. Il suo scopo è tenere il lettore agganciato alle storie che si possono creare a partire dalla prima, mantenendo una certa coerenza narrativa qualunque sia il suo svolgimento. Non si tratta nemmeno di una scrittura ludica: Infetto non ha punteggi, o dadi da tirare. Non è un gioco, quanto una storia che si può leggere in diverse maniere. Il testo, anche per il tema, non può non ricordare Can You Survive the Zombie Apocalypse? di Max Brallier, testo a bivi anch’esso di natura narrativa, uscito nel 2011.

Forse il testo di Brallier era stilisticamente più sostenuto, mentre lo stile di James Schannep è altalenante, ma funzionale. Alterna alcune parti un po’ frettolose, ad altre in cui le descrizioni e i personaggi sono, se non credibili, perlomeno immersi in una atmosfera da fiction americana, che non manca di avere momenti coinvolgenti. La parte forse meno riuscita è incidentalmente proprio l’incipit, in cui l’introduzione dell’intera ambientazione è poco verisimile, anche nelle scelte proposte al lettore.

La polistoria

Ci sono diversi spunti interessanti in Infetto per quel che riguarda la narrativa interattiva e lo sviluppo di una poli-storia. Il primo l’ho già anticipato: non ci sono punteggi, né gaming in senso stretto. Infetto è un romanzo, o una serie di racconti intrecciati ambientati nel mondo degli zombie. Il godimento non viene da battaglie e oggetti da raccogliere, ma dalla lettura e dalla curiosità di muoversi letteralmente in una apocalisse zombie. Il secondo momento di interesse è quello del punto di vista del narratore. Durante le diverse letture dell’ebook mi è capitato di finire in pasto agli zombie e di morire. Il romanzo è finito. In una occasione però lo zombie che mi ha attaccato e morso, è stato a sua volta ucciso. Qui la grande idea di Infetto: il mio personaggio, cioè io, non muore, ma diventa uno zombie, si trasforma. E il libro continua: da quel punto in poi cambia radicalmente la prospettiva di lettura. Non sono più un sopravvissuto in una apocalisse zombie, ma sono uno zombie il cui scopo è quello di uccidere e divorare carne fresca senza essere ucciso dagli umani. Il cortocircuito è estremamente interessante, soprattutto quando il mio personaggio zombie si ritrova a vivere avvenimenti che avevo già vissuto (in altre letture) da umano, incontrando personaggi che durante le precedenti letture mi erano amici e compagni, e che ora sono invece mie prede. A livello di gioco narrativo la cosa è tutt’altro che banale.

L’ebook

L’ebook è di discreta fattura, ci sono alcune trascurabili imprecisioni dovute probabilmente al fatto che si tratta di una prima edizione (alcuni link – ad esempio – non sono sottolineati) e al tool che penso sia stato utilizzato, Calibre, non sempre facile da gestire. Ma durante la lettura non ho avuto problemi di navigazione e i link, una volta riconosciuti, mi hanno sempre portato dove dovevano.

Una frase

Vedi una silhouette umana strisciare insidiosa verso di voi, ma è più piccola del normale. Quando è abbastanza vicina, ti rendi conto che è un giovane Boy Scout, lontano dal suo gruppo. La situazione ti dà da pensare: si sarà perso prima o dopo di diventare uno zombie?

Ti allontani dall’albero, sollevi l’ascia, e ti prepari a svolgere l’ingrato compito. Anche se è un non-morto, uccidere un bambino è sbagliato. Ma diventa più facile quando ti rendi conto che, se non lo fai, cercherà di guadagnarsi la medaglia Nutrirsi dei Viventi.

05. ottobre 2016 by fabrizio venerandi
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Un corso XQuery per interrogare i nostri ebook

Schermata XQuery

Lunedì prossimo inizia la prima lezione del corso online di XQuery. Si tratta di un corso per principianti, dedicato a chi fa editoria digitale e vuole scoprire uno strumento pro per fare ebook (e non solo), aumentando il potere di manipolazione e di interrogazione dei contenuti.

Ma cosa è XQuery?

Innanzitutto non è qualcosa che si può mettere dentro un ePub2, e nemmeno dentro un EPUB3. Si tratta di un linguaggio di interrogazione e modifica di dati in XML.

E allora cosa c’entra con gli ebook?

C’entra, perché gli ebook sono marcati in XHTML, ovvero un HTML che segue le regole di XML. Quindi XQuery, se è vero che non può essere messo dentro ad un ebook, può essere utilizzato durante il processo di creazione e sviluppo di un ebook.

Si tratta di un potente tool per tutto ciò che è manipolazione massiva di dati: sommari, indici analitici, timeline, bibliografie, briciole di pane, navigatori… con XQuery la grossa massa dell’impaginato ebook diventa una risorsa, un database di dati da ordinare, linkare, arricchire.

È un tool legato a doppio filo con la marcatura semantica: più dati inserisco durante il mio lavoro di marcatura, più cose posso fare a lavoro finito con XQuery per creare strumenti integrativi dell’ebook stesso.

XQuery è un linguaggio di programmazione. Non scriveremo lunghi software, ma script di una dozzina di linee che ci permetteranno di fare cose interessanti e di entrare in confidenza con variabili, cicli, condizioni.

Questo corso, dopo quello sulle Regex, è un altro passo in avanti per chi vuole uscire dall’idea di ebook come parente povero del libro di carta, per scoprire quello di ebook come piattaforma, software, database, videogame.

A lunedì!

29. settembre 2016 by fabrizio venerandi
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Il dolore come dimensione

È recentemente uscito per Quintadicopertina un ebook Syria Calling di Antonella Appiano. È un testo a cui ripenso spesso in questi giorni, quando si accavallano notizie di accordi, tregue, aiuti umanitari e bombardamenti. Quello che mi colpisce è il muro di sabbia dietro al quale sembra essere nascosta la Siria. I numeri delle vittime arrivano come pura contabilità, di tanto in tanto accade l’assurdo delle foto di bambini e donne siriane uccise che vengono usate sui social network per discussioni su conflitti più facili, in cui è più ragionevole per noi occidentali distratti prendere posizione. Prendi la foto di un bambino siriano, ucciso per strada, e lo usi sui social dicendo che è morto in un altro conflitto.

Non c’è dimensione al dolore, superata una certa cifra il dolore diventa una statistica, non è più legato all’effettivo atto compiuto. Non è possibile rappresentarne la portata quando diventa insostenibile legarlo a noi, alla nostra vita di tutti i giorni, alla gente che incontriamo per strada, ai nostri figli.

Ho ipotizzato, arbitrariamente, un numero di cento. Ho posto come limite, cento persone uccise. Mi sono detto, proviamo a dare una dimensione fisica a questo dolore in corso. Poniamo una regola: ogni cento persone uccise in conflitto in Siria nel 2016, civili o meno, aumento dell’uno per cento la dimensione fisica della nazione. La gonfio dell’1%.

L’operazione è relativamente semplice: Wikipedia tiene conteggio dei morti dei principali conflitti in corso. Sempre Wikipedia ha una mappa del mondo in SVG, formato vettoriale, in cui ogni stato è un diverso path SVG.

Ho preso la mappa, ho preso il numero di vittime in Siria nel 2016, ho selezionato il path della Siria ed ne ho aumentato in percentuale la dimensione. L’ho poi colorata in trasparenza e messa a confronto con la vicina europa. Questo è il risultato:

Siria aumentata dell'1% per ogni morto nel 2016

Ho voluto anche seguire lo stesso procedimento per le vittime siriane dall’inizio del conflitto. Qua Wikipedia dà una forbice abbastanza ampia, numericamente parlando. Ho preferito scegliere il numero più basso di vittime stimate.

Siria aumentata dell'1% per ogni morto da inizio conflitto

Non credo che queste infografiche possano davvero dare una dimensione del dolore, penso restituiscano soltanto una sgradevole impressione. Ma sono lì, prendono spazio e possono dare qualche idea su come dare forma alle cifre digitali che popolano la rete.

Se ti ha interessato questo articolo, prendi in considerazione l’idea di leggere Syria Calling, grazie.

21. settembre 2016 by fabrizio venerandi
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Questo non è un videogioco

There is no game

Ieri sera ho fatto giocare secondogenito a This is the only level, un piccolo videogioco che parte da una idea come al solito interessante. Esistono parecchi giochi, in genere realizzati in Flash o altri sistemi non propriamente ortodossi, che prendono il canone videogioco e lo spezzano, a volte con fini artistici, a volte comici, a volte demistificatori. Negli ultimi anni ho giocato al videogioco di un pac-man che man mano che mangiava ingrassava, fino a rimanere bloccato nei corridoi; a un videogioco in 3D il cui goal era di condurre un vecchio anziano fino alla panchina in cui si sedeva a guardare il panorama; al videogioco tratto da “Aspettando Godot” di Beckett in cui si restava in un livello dove non succedeva assolutamente nulla; al folgorante You have to burn the rope in cui la soluzione del gioco è indicata nel titolo del gioco stesso, a cui segue una fighissima canzone indie di vittoria (più lunga del gioco stesso) e così via, fino a cose più coerenti e serie come i giochi della Molleindustria o di Today I Die.

Quello di ieri, che è riuscito alla fine a riunire tutti e tre i geniti davanti allo schermo del computer, parte da un’idea molto più circoscritta, ma funzionale. Un videogioco formato da un solo livello. Ogni volta che si termina il livello il videogioco non è convinto che si sia davvero terminato il livello e ripropone il primo livello. E poi ancora il primo e ancora il primo. Soltanto, ogni volta, variano le regole del gaming: a volte strutturali (i controlli dei tasti), a volte grafici, a volte degli elementi interni al gioco. Il gioco è capire, in questo eterno primo livello, quali elementi di gaming il programmatore abbia variato di volta in volta, e trovare una tecnica per superarlo. Per arrivare ancora al primo livello.

In fondo, come diceva Seneca, eadem, sed non eodem modo facere.

C’è una canzone di De Gregori dove la canzone finisce ma lui continua dicendo, più o meno, un amico d’infanzia dopo questa canzone, mi ha detto è bellissima, è un incubo riuscito e poi va avanti ancora un po’, integrando all’interno del pezzo anche la critica e una spiegazione, cantata, del cantante al pezzo. Ecco, dopo aver letto questo post mi ha scritto primogenito mandandomi un link che è la quintessenza di quello che scritto finora, ovvero un videogioco in cui non c’è il gioco. Ma noi vogliamo giocare. Sarà la nostra voglia di giocare così forte da convincere il programmatore a ritornare sui suoi passi?

Enjoy!

16. settembre 2016 by fabrizio venerandi
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Non è importante quante volte cadi, ma il jack per le cuffie

È uscito un nuovo iPhone, il sette e subito sui social si sono sbizzarriti per criticare questa o quella scelta radicale di mamma Apple, in questo caso la rimozione del jack audio. L’iPhone 7 non ha più il jack audio, come il mio Macbook air non ha il cd/dvd né la ethernet, come il Macbook 12” non ha nulla tranne la USB-C e come il mio vecchio iMac bondi blue, nel lontano 1998 non aveva il floppy disk.

Mamma Apple precorre i tempi e innova? Quello che fa oggi Apple lo faranno gli altri domani?

È possibile, come no. Di Apple si ricordano più facilmente le macchine riuscite e le innovazioni fatte al momento giusto. Per tornare al vecchio iMac del 1999, la coraggiosa rimozione del floppy, almeno in europa, arrivò troppo presto e buona parte degli iMac che vidi in quegli anni aveva un floppy disk USB esterno per continuare ad accedere ai dati e ascoltare il mondo windows che avrebbe comunicato a colpi di floppy disk ancora per molto tempo. Così come Apple si dimenticò di innovare il lettore dvd, procrastinando l’immissione del masterizzatore cd/dvd per molto tempo (salvo poi pentirsi del ritardo e fare un mea culpa).

Accanto a macchine azzeccate Apple ne ha fatte di poco fortunate (qualcuno ricorda il Cube?). Innovare non è detto che sia sempre la cosa giusta, se lo fai troppo presto o nel mercato sbagliato.

Chi scrive è uno di quelli che stigmatizzò l’uscita del primo Macbook air: una macchina senza porte, senza ethernet, senza dvd? Il tutto per essere più sottile? Chi se ne frega che sia piatto: è un computer, non un cellulare! Così pensavo, e oggi uso quasi solo quello. Lavoro senza quelle cose che un tempo ritenevo obbligatorie e ne soffro e ne godo nello stesso tempo.

L’idea un po’ romantica della macchina perfetta, è romantica. La tecnologia permea le cose che abbiamo attorno, come un gas. Cerca ogni spazio della nostra vita per regolarne consumi e metadata. Resistere è futile, ma interessante. Abbandonarsi è comunque vitale.

09. settembre 2016 by fabrizio venerandi
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Unire la potenza delle RegEx a quella degli stili e XPath

slide regex

Sono iniziati i corsi autunnali online per progettare ebook (e non solo). Abbiamo cominciato con le RegEx, andando a studiare la loro sintassi e vedendo esempi pratici di applicazione su testi html.

La cosa che mi piace di questi corsi pro è l’entusiasmo dei corsisti quando capiscono che hanno in mano uno strumento che gli permette di usare il computer da computer e non come una macchina da scrivere luminosa.

Lunedì vedremo ancora altre regole, ma mostrerò due campi di applicazione RegEx forse meno conosciuti, ovvero quando lo strumento RegEx viene integrato all’interno di applicazione specifiche. È il caso di LibreOffice/OpenOffice, che contiene al suo interno un motore di ricerca RegEx che può essere usato contemporaneamente a quello degli stili o della formattazione, permettendo ad esempio di cercare qualunque cifra ripetuta da uno a quattro volte di colore blu e di trasformarla in qualcosa di diverso.

cerca e sostituisci in opneoffice

Oppure con programmi specifici per XML come Oxygen, dove possiamo attivare una RegEx solo in un particolare settore della DOM del documento dove stiamo lavorando, grazie a XPath. Ad esempio cercare frasi che iniziano in maiuscolo, ma soltanto all’interno dei titoli dei libri citati.

regex con Xpath

Questo permette di fare modifiche strutturali di grande impatto su documenti consistenti, andando a lavorare solo nelle zone testuali che di volta in volta si vuole ricercare e modificare.

Se siete incuriositi potete ancora iscrivervi per le restanti lezioni, seguendo in differita la prima lezione registrata lunedì scorso.

Ma non dimenticate anche i moduli dei corsi di Torino che vi invito a considerare e diffondere. Anche nel laboratorio torinese parleremo di RegEx e della loro applicazione.

09. settembre 2016 by fabrizio venerandi
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Del come ho amato il computer e del perché lo amo anche oggi

foto buffa

Il primo computer che ho avuto non aveva un nome, sulla scatola c’era scritto MY COMPUTER e sopra non ci girava nessun programma. Era una specie di ibrido tra uno zx-81 e uno spectrum, nel senso che aveva parte dell’hardware compatibile con lo zx-81, ma un case con i tasti gommosi simile a quello dello spectrum. Per più di un anno quindi non ho mai potuto usare un programma scritto da terzi, potevo solo scrivere piccoli script per conto mio, usando il rudimentale basic residente. Avevo circa quattordici anni e il basic residente andava bene.

Compravo riviste per computer: Paper Soft, MC-Microcomputer, BIT, Personal Computer e su molte di queste riviste c’erano i listati. I listati erano in metodo per distribuire programmi, prima delle cassette, prima dei floppy, prima di ogni altra cosa: erano il codice, pagine e pagine di codice da ricopiare, a mano, sul computer. Il medioevo ci ha insegnato un sacco di cose.

In genere non potevo copiare questi listati: erano in basic, apparentemente, ma in realtà prima o poi sbucava un poke. Il poke era il comando per inserire numeri direttamente nella memoria della macchina e sostanzialmente serviva per scrivere in linguaggio macchina, più veloce e meno dispendioso in termini di memoria rispetto al lungo listato basic. Se c’era un poke, lo avevo scoperto a mie spese, potevo anche smettere di copiare il programma, perché la memoria del mio MY COMPUTER era incompatibile con quella dello zx-81

Un giorno trovai un programma, un codice in basic, per zx-81, senza poke. Era una dama cinese. In ascii, naturalmente. La ricopiai a fatica, era molto lunga, e alla fine diedi il RUN per vedere se funzionava e – per la prima volta nella mia vita – mi ritrovai di fronte a un programma scritto da qualcuno che non ero io, e che stava girando sul mio computer. Sul mio MY COMPUTER.

Fu un’emozione enorme. Uscii la sera, portando fuori il cane, e girai per le strade oscure del paese di campagna dove vivevo; ero tra alberi e sentieri, ma nella mia testa c’era il video con le tante ‘O’ della dama cinese. Ero connesso con tutto il codice che stava girando nel mondo, andando di casa in casa, copiato a mano da giovani amanuensi pieni di voglia di vedere quel nuovo che – ancora non lo sapevamo – sarebbe diventata la quotidianità di adesso, che sono qua a quarantasei anni a ripensare a quel momento. Una dama cinese in basic che girava in quel paese, in quella casa all’ultimo piano del salumificio, in quel computer fragile, bianco con i tasti di gomma verde. Era enorme.

Dopo un anno e mezzo ero arrivato ai limiti del MY COMPUTER. I miei amici si stavano comprando il VIC-20, il Commodore 64, lo ZX-Spectrum. Erano arrivati, con tutta la loro forza, i videogiochi. Tutti gli adolescenti, parlo degli adolescenti simili a me, volevano i videogiochi. All’epoca si andava nei negozi che vendevano videogiochi e computer e i commessi dicevano, beh se vuole comprare un videogioco a suo figlio c’è l’ATARI. C’è il COLECOVISION, c’è l’INTELLEVISION. Ma – aggiungevano – è più educativo comprare un computer. Un vero computer in casa vostra. Così vostro figlio gioca, ma impara anche a usare le lingue del futuro, come il basic. Questo passaggio non è facile da spiegare, perché voi sapete cosa è un computer, oggi. All’epoca no, il computer era un oggetto mitologico, cinematografico, fantascientifico. All’epoca il computer non era un computer, era il mistero della modernità, della contemporaneità. All’epoca il computer era un oggetto magico.

Io ero indirizzato verso il Commodore 64, avevo due o tre amici che mi avevano mostrato il potere degli sprite, videogiochi a colori impensabili. Mio padre mi disse, ok, ma prima vieni a provare un computer che ho visto in un posto dove lavoro. E mi porta in questo magazzino che importava cose dalla thailandia e mi mette di fronte al mio futuro Aton II, un compatibile Apple ][+. Era un computer color caffellatte, con un vero monitor a fosfori ambra. Un giallino oro che brillava nel nero della notte. Vidi per la prima volta un floppy disk, lo accesi, sfogliai le fotocopie di un manuale di Applesoft Basic. Infilai dentro un floppy disk con dei videogiochi. Choplifter, Falcon, Autobahn, Horizon V. E le prime due avventure testuali in italiano a cui abbia mai giocato, Conan e Adventure in town. Era meraviglioso. Che ne pensi mi chiese mio padre, e io gli dissi che era meraviglioso.

Tenni quel computer per un tempo informaticamente lunghissimo, per quasi sei anni. Ci feci di tutto: con lui programmai in Applesoft basic, con lui giocai allo sfinimento, con lui scoprii la telematica, le chat internazionali, il modem, le bbs, itapac, i mud, il cp/m.

Man mano che passava il tempo gli amici che conoscevo che avevano l’Apple II passavano a Amiga, ad Atari. Stava finendo una generazione di macchine e Apple sfoderò una macchina di cui mi innamorai, l’ho già scritto altrove, l’Apple IIGS. Non la ebbi mai: finì soffocata dal fratello maggiore di Apple, il Macintosh. Con l’arrivo del Macintosh si chiuse una parentesi iniziata per me con il MY COMPUTER: quella della programmazione intesa come unico metodo per usare il computer. Il macintosh portava una novità: si può usare il computer con gesti, con icone. Non è necessario programmare. Si può usare il computer per fare quello che si vuole.

Il mito del basic, della programmazione per tutti, silenziosamente, finì in secondo piano e poi sparì per tutti gli anni novanta e per buona parte del decennio successivo. Programmare, da gesto rivoluzionario per tutti, tornava ad essere una cosa per esperti.

Ci credevo anche io.

Qualcosa poi è cambiato. Mi sono trovato a dover programmare alcune cose, a rimettere mano a piccoli script, e poi ad altri meno piccoli. Emergevano cose come linux, Apple passava baracca e burattini a unix. Riscoprivo un mondo che si era congelato con l’arrivo del mouse e delle icone, e mi rendevo conto che non ero il solo. Scratch, python, arduino. Con l’avvento delle App e degli store, ci si rendeva conto da più parti come l’informatica stesse diventando un grosso negozio per consumatori: come una parte creativa dell’essere informatici fosse stata sepolta da anni e anni di sovrastrutture. Di come i nativi digitali fossero privi di strumenti che anche noi avevamo perso di vista.

In questi ultimi sei anni ho divorato un sacco di cose che non conoscevo. Php, XML, XQuery, Python, CSS, Javascript, Mysql: mi sono reso conto di come fosse divertente, appagante e totalizzante perdersi a far fare una cosa che il computer – altrimenti – non saprebbe fare. Di come è bello fermarsi, pensare, scrivere codice e far fare al computer quello che deve fare lui, invece che farlo noi al suo posto.

Nonostante il percorso umanistico non mi sento un estraneo, al banchetto, ma una persona che pensava di essere arrivata alla frutta e invece no. Di fronte all’intoccabile grattacielo degli Os con gestures, ascensori e notifiche geolocalizzate, c’è sempre da qualche parte nascosta una porticina nera, una piccola finestra terminale con cui si può entrare in quel mondo non iconizzato, senza spazio dove silenziose ronzano potenti api.

27. agosto 2016 by fabrizio venerandi
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Perché (e come) fare oggi un ebook

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La notizia è che partono i nuovi corsi di formazione di Quintadicopertina: li trovate tutti sul rinnovato sito di ebookdesignschool. Torino prima di tutto, ma anche corsi online e prenotazioni per Genova.

Le ragioni per seguire oggi un corso di formazione per costruire ebook sono molte: potrei dire almeno sette, una per modulo, ma mi limiterò alle tre più importanti.

La prima è che gli ebook sono qua per restare. Per quanto di tanto in tanto appaiano messaggi su questo o quel blog in cui l’ennesimo esperto rassicura che la carta è meravigliosa e che gli ebook sono un folklore temporaneo, gli ebook sono destinati a destare, a mutare forma magari, ma alla lettura tradizionale si è ormai affiancata una lettura digitale, sempre più carica di problemi man mano che aumenta la sua forza di penetrazione;

mentre sei o sette anni fa ci appariva come una meraviglia uno schermo che non mandava luce e che aveva una resa di lettura simile al libro, oggi siamo alla ricerca di schermi sempre più grandi, con ppi maggiori, sfumature ambrate per la lettura notturna, sistemi di sottolineatura e condivisione appunti, con suoni, animazioni e connessione on-line: l’ebook sta crescendo, come quelle bestie che sono solite di tanto in tanto cambiare pelle, con un certo dolore;

l’ebook non è più solo un ebook: si è aperto e si aprirà sempre di più alla rete, ai suoi linguaggi, alle sue strutture. Saper fare un ebook oggi è qualcosa che si allontana progressivamente dal mondo del PDF per avvicinarsi a quello di WordPress, di html, del coding.

Per questo i corsi di ebookdesignschool si sono moltiplicati in moduli focalizzati su ogni singolo aspetto di questa trasformazione: dalla filiera digitale, ai linguaggi di programmazione per fare ebook, alla redazione di testi nativi digitali, alla promozione on-line.

Se sei interessato trovi tutto quello che ti interessa nella pagina dedicata del sito di ebookdesignschool. Ricorda anche che fino al 28 agosto ci sono prezzi promozionali per chi si iscrive.

Quest’anno ci sono anche due novità: la prima è la presenza di tre corsi di giornalismo digitale, perché – come dicevo prima – la lettura digitale esonda dal media ebook per andare e tornare a quello della rete.

La seconda sono cinque corsi on-line, dopo la riuscita di quello della Summer Edition. Si tratta di corsi fruibili via YouTube, in diretta o in differita, su alcuni temi pro della progettazione di testi digitali: le RegEx, la potentissima versione nerd del cerca e sotituisci; XQuery, il linguaggio di programmazione per fare indici e molto altro interrogando gli stessi ebook; SVG, il misterioso sistema di marcatura per disegnare vettoriale; e ben due corsi di introduzione a Javascript, per capire come e cosa si può fare in EPUB3.

Ogni mese che passa l’ebook diventa sempre di più normale: un normale mezzo per creare, vendere e promuovere contenuti. Più sarà normale, più sarà importante possedere gli strumenti per rendere i propri ebook speciali. A questo servono i corsi che abbiamo preparato per i prossimi mesi.

22. agosto 2016 by fabrizio venerandi
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Innamorarsi di un Apple

la copertina di superapple

Quando ero giovane, quindi qualche migliaio di anni fa, leggevo una rivista per computer chiamata SuperApple. Rivista che compravo e divoravo con avidità, dedicata al mondo Apple e che – a differenza di altre riviste dell’epoca – non si limitava a parlare del Macintosh, ma dava ancora spazio alla macchina davanti alla quale passavo un tempo considerevole della mia adolescenza, l’Apple II.

Sopra ci scrivevano pezzi da novanta come Enrico Colombini e teste pensanti capaci di scrivere due pagine per spiegare perché e per come si erano innamorate di un computer, come fece l’altro pezzo da novanta Luca Accomazzi per l’Apple //c.

Gli anni sono passati per tutti (tranne che per il sottoscritto che è rimasto un ragazzino, come spiego spesso ai figli increduli), Luca Accomazzi ha continuato a lavorare in informatica e scrivere di Apple: chi si ricorda i racconti che ho pubblicato per tre anni su Macworld italia ricorderà anche che poche pagine dopo le mie c’erano quelle di Luca, a cui di tanto in tanto mandavo messaggi dai miei racconti, ricevendo risposte poi nei suoi articoli.

prob. cover. libro accomazzi

Insomma, tutto questo apparato di amarcord per presentare Cuore di mela: i segreti di Apple, iPhone e Mac un progetto Kickstarter per scrivere e pubblicare, quoto, la prima edizione del libro definitivo sul mondo dei sistemi Apple: macOS, iOS, tvOS, watchOS.

Un progetto non nostalgico, ma che scopre gli ultimissimi sistemi operativi made in Cupertino, racconta la storia di Apple, parla di App e programmi per iOS e Mac e – attenzione – dedica spazio a terminale e programmazione, cosa più unica che rara nel patinato mondo Apple.

Si può aderire in diverse forme: dal contributo pacca sulla spalla da un euro, fino ai 1,250 euro per ricevere una copia rilegata a mano e copertina (forse) in pelle umana. Nel mezzo, da segnalare, il pledge da 19 euro per ricevere il PDF del libro e quello da 25 euro per riceverlo in formato ePub, iBooks e Kindle (avrei preferito il contrario, ma pazienza).

Il progetto è interessante anche dal punto di vista dell’editoria digitale: spesso ai corsi di formazione parlo di come sia importante concepire un contenuto a monte del supporto su cui verrà effettivamente letto, perché è poco intelligente chiudersi delle porte e limitare il numero di lettori che vorranno leggere quello che abbiamo scritto o creato. Questo progetto, nella sua versione più fortunata, non è solo un libro di carta, ma è anche un sito, un ebook in diversi formati, un abbonamento ai futuri update che verranno scritti dopo le uscite dei prossimi sistemi operativi Apple, e molte altre cose. Un modo anche per tracciare una demarcazione tra quello che può essere un certo self-publishing improvvisato e invece la creazione di un progetto di pubblicazione indipendente.

Adesso andate: rimangono solo quattro giorni per aderire al progetto di cui trovate ampio dettaglio nella pagina KickStarter dedicata. Perché l’amore passa, ma un Apple è per sempre.

27. luglio 2016 by fabrizio venerandi
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Ebook Online Summer School

Foto di venerandi

Da martedì prossimo terrò un corso di progettazione ebook online, l’Ebook Online Summer School. È la prima volta che il corso di formazione base viene organizzato attraverso un evento-live, che permetterà a chiunque di partecipare: un’occasione per tutti coloro che sono troppo distanti dalle città dove in genere teniamo i nostri corsi dal vivo, e per chi volesse fare un ripasso delle proprie pratiche di digitalizzazione ebook.

Questa edizione del corso sarà focalizzata sulla creazione di ePub. Lavoreremo principalmente con Sigil, ma partendo sempre dal motore dei libri elettronici: i sistemi di marcatura, l’XML e la rappresentazione grafica dei CSS. Tre appuntamenti di due ore alla settimana per due settimane di corso: un totale di dodici ore serali per scoprire i libri digitali e le loro caratteristiche.

Potete trovare tutte le informazioni, le date e il prezzo, nella pagina di ebookdesignschool

15. luglio 2016 by fabrizio venerandi
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