Gli ipertesti didattici del 1958
Mi sono recentemente imbattuto in una piccola scoperta che riguarda i testi di lettura non lineare. Tra i prototipi di quella che è la letteratura ipertestuale, i testi di narrativa non lineare sono spesso rigidamente classificati: letteratura da un parte, giochi dall’altra. Divisi alla meta. Quindi si trovano saggi che parlano abbondantemente di Cortazar o di Borges, ma non citano Lupo Solitario, così come altrove abbiamo la disanima di centinaia di volumi-gioco da cui è evirata ogni analisi di tipo narrativo. In genere la nascita dei libri gioco viene fatta coincidere con la collana dei Choose Your Own Adventure, nella seconda metà degli anni settanta del secolo scorso e con un picco di successo negli anni ottanta/novanta. In Italia i più famosi furono i Librogame, con autonomi sviluppi come i fiaba-game di Stefania Fabri.
La scoperta riguarda una collana che non conoscevo, i TutorText. Le cose interessanti di questa collana sono due. La prima è la data di edizione: 1958. Quasi un ventennio prima della nascita e dello sviluppo dei libri gioco esisteva una collana di testi costruita su percorsi a scelte multiple.
La seconda cosa interessante è la finalità. I TutorText nascono come testi didattici. Il gioco è finalizzato all’apprendimento di una materia, dalla programmazione all’algebra, dall’elettronica alla cucina. L’ipertesto analogico mostrava già, con tutti i limiti del media libro, la sua potenza didattico/giocosa (oggi parleremmo di gamification) nel costruire un testo dove gli esercizi sono parte integrante della spiegazione e dove si impara sbagliando e tornando indietro, ricevendo anche informazioni sul perché del nostro errore.
Dal 1958 ad oggi, passando dalla carta al digitale, continua ad aumentare la brevissima storia della lettura non lineare. Il territorio è selvaggio, senza dubbio, ma molto meno vergine di quello che si vuole pensare.
I font giusti per l’EPUB3
A settembre è uscita la release 4.x di epubcheck, uno dei più utilizzati validatori di ePub2 e EPUB3. Da notare, oltre al supporto di EPUB3.0.1, la verifica di parecchie specifiche future dell’IDPF, come glossari e dizionari. L’allargamento a EPUB3.0.1 dovrebbe significare anche supporto ai microdata di HTML5 che erano rimasti fuori da EPUB3.
Proprio i primi test con epubcheck 4.x mi spingono ad un avvertimento: spesso nei corsi di formazione dico che EPUB3 eredita una serie di caratteristiche di ePub2, tra cui l’embeddamento dei font. C’è un caveat che non avevo notato in un primo momento: EPUB3 abbandona il supporto dei font TrueType. Non è possibile inserire TrueType; sono concessi gli OpenType e i WOFF. Non che i lettori abbiano effettivamente problemi a visualizzare i TrueType, ma – essendo fuori dalle specifiche – i validatori epub potrebbero non validare l’EPUB3 che contenesse font TrueType. epubcheck 3.x in realtà validava EPUB3 con TrueType, mentre epubcheck 4.x è più strict, come dicono gli anglossassoni. Io userei un termine più mediterraneo, ma strict va benissimo.
Ricordate che EPUB non validato, significa EPUB non vendibile negli store generalisti.
Qualcuno potrebbe chiedere, ma perché non possiamo più usare i TrueType
? Beh, c’è una ragione: ma io non so quale è.
Coding per tutti
C’è questa scena di un film di Nanni Moretti in cui sta per nascere uno dei suoi figli e lui esce dalla sala parto urlando “epidurale per tutti, epidurale per tutti!”. In realtà la scena non è proprio così, ma nella mia testa è rimasta impressionata in questa maniera e – in genere – echeggia declinata al digitale con la parafrasi “programmazione per tutti, programmazione per tutti!”.
La frase risuona nella mia testa da qualche settimana perché lunedì 2 novembre inizia a Genova un corso di “Programmazione per tutti!” di cui sarò organizzatore e animatore. Il tema mi è molto caro e oggetto di frequenti discussioni.
Perché fare un corso di programmazione per tutti? Perché pensare, nel 2015, che quelli che usano un computer debbano saper programmare?
Messa così la cosa può sembrare anacronistica e – se vogliamo – anche improbabile. Dobbiamo davvero tutti diventare programmatori? Risponderò punto per punto, in maniera – spero – disordinata e viscerale:
- Dante Alighieri era un poeta. Non solo quello, ma era un buon poeta. Ha scritto alcune pagine in versi su cui si è poggiata l’intera letteratura italiana successiva. Ancora oggi c’è chi distingue tra poeti contemporanei “dantisti” e poeti contemporanei “petrarchisti”, per dire. Tutti noi, con buona pace di Odifreddi, lo abbiamo letto e lo studiamo a scuola. Il farlo ci permette di capire parecchie cose sulla storia medievale e sulla nascita della lingua italiana, per dirne due. Questo significa che siamo tutti poeti? No, non siamo tutti poeti, non è detto. Però ci è concesso di scrivere versi. Abbiamo la possibilità, avendo letto Dante e tanta altra gente che lo ha fatto prima di noi, di comporre poesie. Queste poesie, in primo luogo, servono a noi. Per capire meglio chi siamo, per comunicare cose che non possiamo dire in maniera diversa, per creare un habitat confortevole in cui muoverci. La stessa cosa, identica, vale per il coding. Non siamo tutti programmatori. Ma abbiamo ugualmente la possibilità di scrivere la parte di codice che ci è concessa, un codice che serve a noi, per esprimerci, per creare un habitat digitale confortevole. In fondo
il listato
altro non è che una serie di versi compilabili. - Sapere cosa è un computer, conoscere qualche linguaggio per chiedere di fare cose, è straniante. Per chi per anni ha usato un computer solo per usare applicazioni, pensare di scrivere versi e ottenere in cambio piccole applicazioni che non esistono, pensate e create da lui, è straniante. È come se dopo anni che vai in ufficio in tram, una mattina scopri che esiste una cosa che si chiama bicicletta. Che la guidi tu, che è leggera e che ti porta in posti dove in tram non ci saresti mai passato. Inizialmente è straniante. Poi.
- Programmare non è facile. Anzi, è la summa di parecchie cose non certo facilissime. Bisogna cambiare prospettiva, tante volte, pensare cose umane in maniera logica, matematica, rigorosa. Ma poi.
- Poi scopri che programmare è divertente. Divertente non rende l’idea, anche se ci si diverte. Programmare brucia. Ti siedi e lavori a un codice e quel codice fa cose che hai deciso tu, anzi in genere non le fa, è quello il divertente. Il codice non le fa e tu devi convincerlo che invece deve farle, scoprire come dirglielo, scoprire quanto sei stato stupido perché hai invertito un verso. Programmare significa trovarsi di fronte all’imprevisto. Grazie a te il computer fa cose sbagliate, dannatamente sbagliate. Satura l’hard disk, va in crash, scrive fuori schermo, distrugge dati. E quando guardi queste cose sbagliate, btw, ti vengono in mente un sacco di idee. E riprendi, con la febbre, per fargliene fare delle altre.
- Programmare è difficile, ma esiste una zona di coding che è alla nostra portata. Abbastanza ampia. Ci si possono fare tante cose. È una specie di kindergarten per adulti che all’inizio si gioca, poi ad un certo punto ti rendi conto che le stesse cose le puoi fare per cose che ti servono, e magari sono capaci di farti risparmiare ore e ore di lavoro.
- Non dobbiamo davvero sapere come funziona un computer, se lo usiamo per due o tre ore alla settimana. Così come non sappiamo come funziona un minipimer. Ma se stiamo tutti i giorni davanti a uno schermo di un computer, di uno smartphone, di un tablet, di un ebook-reader, se acquistiamo beni on-line, se scarichiamo mail, aggiorniamo stati, googliamo in rete, lavoriamo con programmi, inseriamo dati Excel, correggiamo testi Word, fotografiamo digitale, giochiamo videogames… beh allora sì, sapere chi è questo compagno della nostra vita quotidiana e lavorativa potrebbe essere una buona idea.
- C’è un ritorno alla programmazione. C’è un esigenza sotterranea di ritornare al codice come strumento di lavoro, educativo. C’è un ritorno alla scrittura di proprie applicazioni, script, come elemento di emancipazione e di indipendenza.
Guida la tua canoa
, oggi Baden Powell direbbeProgramma la tua applicazione
. In un panorama in cui l’eseguibilità è legata ad uno store che vende App, la scelta di scrivere la piccola parte di codice che ci serve è un elemento che ha tinte rivoluzionarie. Scratch, Processing, Arduino, il BBC micro bit… sono tutti strumenti per tornare al core dell’informatica messo in ombra da anni ed anni di sistemi perusare il computer senza sapere come funziona
. Era necessario: ma ora che il digital divide sta creando un’informatica a due velocità, è forse arrivato il momento di riprovare ausare il computer sapendo come funziona
.
Noi iniziamo a Genova lunedì prossimo, spread the voice!
QuintaLab Open Day
Vi siete sempre chiesti come è fatta la redazione di una casa editrice digitale? Avete sempre voluto toccare con mano qualche ebook reader o vedere sperimentazioni, idee e codice di ebook e programmi non ancora pubblicati? L’attesa è finita: il Lab di Quintadicopertina apre le sue porte! Il giorno fissato per il grande evento è Sabato 24 ottobre, dalle 14:30 alle 18:30, a Genova in piazza Cernaia 2.
Durante il QuintaLab Open Day sarà possibile vedere le nostre riviste digitali, i nostri ebook, parlare con noi e soprattutto assistere a tre lezioni gratuite su ebook e programmazione. Ecco il programma:
- 14.30 Apertura QuintaLab Open Day; Rinfresco & talk visitatori
- 15.30 Sessione: “Dentro l’ePub2: racconto di una architettura”
- 16:30 Sessione: “Programmazione per tutti“. Primi comandi per comandare il proprio computer
- 17.30 Sessione: “Alla scoperta di EPUB3“
- 18:30 Chiusura QuintaLab Open Day
Le sessioni hanno una durata di 45 minuti circa.
Durante il QuintaLab Open Day sarà ovviamente possibile abbonarsi alle nostre riviste, acquistare i nostri ebook, e iscriversi ai corsi di formazione su editoria digitale e programmazione per tutti.
Segnatelo sul calendario e spargete la voce!
Imparare a fare ebook con XML e un cacciavite
Venerdì 16 inizia – a Genova – il modulo verde del Master Ebook Design & Digital Marketing. Si tratta di un laboratorio strutturato in sei lezioni serali che curerò personalmente.
Cosa faremo?
Il fine del laboratorio è insegnare l’abc della digitalizzazione di un testo che voglia diventare un ebook (ma non solo). Inizieremo prendendo un ePub e aprendolo. Scopriremo che un ePub è composto di tanti file diversi e vedremo che per buona parte questi file sono scritti in XML
. Per fortuna XML
è semplicissimo da imparare e infatti lo impareremo assieme (almeno la parte che ci serve per fare ePub).
Una volta che XML
sarà nostro amico torneremo dentro l’ePub e lo dissezioneremo: vedremo tutte le parti con cui è composto, dal META-INF
fino al package
.
I sopravvissuti a questa endoscopia digitale potranno addentrarsi nella parte più attiva del corso: la creazione di un ePub a partire da un testo scritto su Word, o altro documento Word-like. Vedremo i principali tag
XHTML, vedremo cosa usarli in maniera semantica, vedremo come applicarli massivamente con le RegEx.
Terminata la taggatura inizierà la parte colorata e allegra del corso, ovvero la scrittura di regole CSS
per dare stile e classe al nostro ebook.
Da questo documento digitale creeremo un PDF, un ePub e un mobipocket/kf8 per Kindle, prima di deliziarci con una galleria degli errori da non fare in creazione ebook.
Chi vuole essere dei nostri, vada ad iscriversi: ci sono ancora pochi giorni per farlo.
(Il cacciavite serve solo per collegare l’uscita VGA al videoproiettore)
Fusioni, ebook, sincronie
Due link sugli ebook, dopo la fusione Mondadori Rizzoli. Il primo è di Marinella Zetti che ipotizza un interessante scenario post-fusione: gli scrittori grandi dei grandi editori (adesso singolare maschile, grande editore) che abbandonano il Titanic per approdare nelle scialuppe del self-publishing. Una visione non priva di qualche credibilità. Ricordiamo però che sul Titanic i posti sono comodi e la musica nella sala da pranzo non è male. Le scialuppe di emergenza, specie tra i ghiacci, possono fare paura.
Il secondo link è un pezzo breve di Camillo Langone, è stato scritto il febbraio scorso e dice – in sostanza – che dell’accordo non dobbiamo preoccuparci perché nessuno sa davvero che succederà dopo la fusione e che il vero problema sono gli ebook: pare che l’occidente cattolico legga la Bibbia in digitale, dimenticandola, mentre il mondo arabo legga il Corano su carta. Questo rende l’occidente confuso (perché leggere digitale rende confusi) e l’oriente pericoloso e determinato. L’articolo è evidentemente un paradosso di qualcosa, ma temo che nemmeno l’autore sapesse bene di cosa. Ma non è un problema, tanto è stato scritto in digitale.
Nel frattempo esce la versione 4.5 di Adobe Digital Edition. Il noto carrozzone per la lettura digitale aggiunge una sola feature: acquistando un ebook con DRM, questo sarà automaticamente scaricato su tutte le device associate allo stesso id Adobe. La cosa curiosa è che – per quanto io ne sappia – nessun ebook reader integra il cuore di ADE 4.5, quindi non capisco quando e in che modo questa feature diventi effettiva.
Anche se il bello di ADE su e-ink sarebbe altro…
Peraltro una installazione di ADE 4.x nella versione mobile su dispositivi e-ink porterebbe in dote anche il supporto di EPUB3 su e-ink, ad oggi limitato ai dispositivi e-ink Android con Google Play aperto e al risicatissimo supporto di Kobo in .kepub. Questo sì che sarebbe interessante.
Ricordo che di scenari della filiera digitale italiana inizieremo a parlare a Genova sabato prossimo, con l’inizio del primo modulo del Master Ebook Design & Digital Marketing. La giornata di sabato sarà proprio dedicata ai formati ebook e agli attori della filiera: autori, editori, distributori, store, lettori. Ci sono ancora posti per chi volesse iscriversi. Buona lettura.
Master ebook design & digital marketing
Eccoci! Ripartono a Genova e Torino i corsi di formazione di Quintadicopertina. Abbiamo cambiato molte cose. Abbiamo ascoltato i suggerimenti che i corsisti ci hanno dato nel corso del tempo e abbiamo riprogettato tutto il corso creando dei moduli tematici più vicini alle richieste di chi voleva avvicinarsi al mondo degli ebook. Si tratta di moduli più omogenei e più ampi nello stesso tempo. Più omogenei perché focalizzati su un particolare aspetto dell’editoria digitale. Chi – ad esempio – voglia sapere cosa sono gli ebook, come si vendono, come si comprano, trova un modulo (più economico) ad hoc, senza dover studiare XML e CSS. Così per il marketing digitale, per i due laboratori di progettazione ebook base ed avanzata, per le conversioni in ePub, per il lavoro redazionale. Più ampi perché la divisione in moduli permette di dedicare più tempo ai singoli argomenti e procedere più gradatamente nei due laboratori.
Quello che non è cambiato è l’approccio pragmatico di Quintadicopertina. Non un corso teorico, ma uno scambio gomito a gomito con chi lavora ogni giorno nell’editoria digitale e che da cinque anni ne ha fatto una professione. Case history vissute in prima persona, testing dal vivo di programmazioni, racconti ed esempi pratici di cose ben fatte, errori, passi falsi, innovazioni. Iniziamo a ottobre 2015 da Genova per proseguire poi a Torino.
Trovi qua tutti i moduli e il calendario degli appuntamenti.
Per quanto riguarda la tipografia digitale vera e propria, il Master propone tre moduli, verde, magenta e ardesia. Mentre magenta è un modulo breve per studiare come esportare al meglio da inDesign a ePub, verde e ardesia propongono un laboratorio approfondito: si parte da ePub2, lo si sviscera in tutti i suoi aspetti: da XML a CSS. Si provano strumenti di lavoro come Oxygen e Prince, linguaggi di interrogazione come XQuery e RegEx, fino ad arrivare ad EPUB3, l’inserimento e la gestione video/audio, il media overlay e i principi di funzionamento della programmazione Javascript.
Il modulo verde è un modulo base, aperto a tutti, e parte da zero per arrivare alla creazione di un pacchetto completo in ePub2. Il modulo ardesia è riservato a chi abbia già dimestichezza con ePub, HTML e CSS.
I moduli non prettamente tipografici sono rivolti a redattori, ufficio stampa digitale e digiuni degli ebook: il modulo arancione, in particolare, offre una panoramica su cosa siano oggi gli ebook, i loro formati, le device, lo stato della filiera editoriale digitale.
Se conosci qualcuno che potrebbe essere interessato, spargi la voce. I posti sono limitati e i moduli partono soltanto se si raggiunge un numero minimo di iscritti.
A presto.
È morto l’ebook, viva l’ebook
Sobriamente Repubblica titola: Crollo delle vendite e riscoperta della carta: addio al lettore digitale
. Un articolo che vi consiglio di leggere mangiando dei pop corn finché riuscite, per poi lanciarli contro lo schermo. Tra gli spunti di riflessione: La prossima generazione leggerà gli ebook sugli smartphone. Gli ultimi dati Nielsen parlano chiaro, già lo fa un acquirente di libri elettronici su sei
(sic).
La realtà è che la generazione 2.0 (sigh) legge dove gli capita. E che ogni volta che un giornalista scrive la generazione 2.0, quella dei nativi digitali
una fatina muore. Male.
Giriamo pagina, usciamo dalla stampa digitale italiana e leggiamo un’analisi a più ampio respiro, la troviamo su Fortune. Vi lascio leggere da soli, sottolineo alcuni tra i dati più interessanti:
- se gli ebook dei grandi editori costano troppo la gente non li compra;
- gli ebook di editori o autori indipendenti vendono sempre meglio;
- gli ebook senza ISBN, quelli che non esistono, sono sempre di più. Vendono singolarmente poco, ma sono tantissimi. Messi assieme vendono più di quelli degli editori tradizionali i cui costosi ebook, quelli sì, vendono poco.
L’ebook è morto, viva l’ebook? Forse crolla solo quello che qualcuno non ha avuto mai seria intenzione di fare stare in piedi.
Buona lettura (digitale).
I cuori di Apple e la sostenibilità dell’editoria digitale scolastica
Antefatto: i cuori di Apple
Il primo Apple Macintosh che ho comperato, molti anni fa (era il 1990), montava un microprocessore Motorola, un 68020. Il microprocessore è, banalizzando, il cuore del computer, colui che si occupa di fare calcoli e calcoli per ogni cosa che noi gli chiediamo di fare.
Apple è stata nel corso dei decenni irrequieta e ha cambiato più volte il tipo di microprocessore nei suoi Macintosh. Non parlo di upgrade, ma di cambio radicale del microprocessore e della sua architettura. Cambi che – spesso – rendevano inutilizzabili i software fino a quel punto prodotti.
Il primo grosso passaggio fu quello, durante gli anni novanta, dal Motorola al Power-Pc, il secondo dal Power-Pc a Intel. Gli attuali Macintosh sono prodotti con microprocessori architettura Intel.
L’ultimo Macintosh prodotto con Power-Pc risale al 2006. Per altri tre anni i programmi scritti solo per Power-Pc sono stati supportati anche su Intel utilizzando una emulazione chiamata Rosetta. Nel 2009 Apple ha chiuso il supporto ai programmi precedentemente sviluppati per Power-Pc (con una ulteriore transizione terminata definitivamente nel 2011).
La sostenibilità dell’editoria digitale scolastica
Perché tutto questo antefatto? Ieri, su una pagina facebook dedicata ad Apple (Apple Rebels del buon Blue Bottazzi), un padre ha scritto che il cd-rom allegato al testo di inglese per la terza media di suo figlio, appena acquistato, non funziona con il suo Macintosh. Attenzione: non è il computer del padre troppo vecchio. Il messaggio di errore infatti spiega che i programmi non possono funzionare perché sono stati scritti per Power-Pc.
Nel 2015 ci sono quindi testi scolastici con cd-rom allegato, e sul cd-rom programmi didattici scritti per un architettura del 2006, abbandonata nel 2009 e non più funzionante dal 2011.
Trovo che questo incidente sia molto interessante per chi si occupi di didattica digitale e sostenibilità a lungo termine delle architetture editoriali. Ci insegna che produrre una App (che sia per Tablet o computer poco cambia) non costa soltanto nel momento in cui la si produce effettivamente, ma costa mantenerla nel corso del tempo. Sulla media e lunga distanza gli investimenti fatti per la produzione è possibile che debbano essere rinnovati per adeguarla a cambi hardware del produttore o modifiche software (API deprecate o nuove specifiche del sistema operativo). Insegna anche che investire in formati chiusi in luogo di formati aperti leggeri, potrebbe non essere una buona idea se quello che interessa sono i contenuti gestiti dalla App stessa. Credo anche che i costi di aggiornamento cambino sensibilmente lavorando con formati dalle specifiche pubbliche. Per dire la cosa più semplicemente: c’è una buona probabilità che se gli esercizi o le lezioni presenti nel cd-rom fossero stati progettati in html e javascript, adesso funzionerebbero senza dover far nulla, o con aggiornamenti con investimento molto modesto. C’è anche una buona probabilità che i programmi in Power-Pc presenti nel cd-rom non siano stati aggiornati, perché non è possibile farlo se non riscrivendoli da zero.
Insomma, a meno che non si stia scrivendo un programma che deve accedere a tutte le risorse più estreme del computer o del tablet per cui è pensato, potrebbe essere una buona idea rivolgere la propria attenzione ai contenuti che si vogliono dare ai docenti e agli alunni, e pensare a come renderli manipolabili facilmente e per molto tempo.
Ultimo giorno per sostenere Quintadicopertina
…in vista della prossima alluvione, mi verrebbe da dire, ma speriamo di no.
Sicuramente a riprendersi dopo quella dell’ottobre scorso, quando l’alluvione e un successivo crollo sulla strada che portava alla nostra casa (e al nostro ufficio), ci ha costretto a sfollare.
Un momento di difficoltà, non del tutto risolto nemmeno ora che sto scrivendo, durante il quale abbiamo cercato di continuare il nostro lavoro con determinazione, portando avanti i progetti che ci eravamo posti. Un periodo difficile che ci ha messo alla prova, sotto molto punti di vista.
Prima dell’estate alcuni amici hanno pensato di aiutarci attraverso una piattaforma, Caremaker, per un crowdfunding che ci desse una mano a stabilirci nel nuovo ufficio e poter iniziare il nuovo autunno all’asciutto.
Ringrazio tutti quelli che in questi mesi hanno contribuito a questa raccolta, e tutti coloro che ancora oggi riusciranno a farlo. Ogni aiuto ci sarà utile per proseguire il nostro lavoro con l’indipendenza, la cura e la sperimentazione che abbiamo avuto dal 2010 ad oggi.
La pagina per il crowdfunding è a questo indirizzo.