Appunti e proposte per una rappresentazione del mondo attraverso il testo
Interessandomi di scrittura mi sono più volte interrogato su come si potessero creare degli algoritmi che, parando da una serie di dati, potessero generare testo narrativo dinamico. Software che – sapendo avendo una precisa visione di un mondo virtuale – potessero dare al lettore una descrizione narrativa di quello che il personaggio via via incontrava.
In questo breve testo mi limiterò ad alcune riflessioni e proposte inerenti alle descrizioni. Non parlerò, se non marginalmente, delle altre parti della narrazione, come dialoghi o monologhi interiori. Propongo quindi una descrizione in cui il testo sia generato automaticamente e non scritto dall’autore.
Nella scrittura di un testo descrittivo di un luogo o di una situazione, la prima preoccupazione è quella di comporre un documento che sia il più possibile funzionale ai propri scopi. Se la descrizione deve essere precisa, allora si privilegerà uno stile tecnico e settoriale, se deve essere narrativa si utilizzerà una scrittura che possa affascinare il lettore o affabularlo per continuare la lettura.
Quando però ci si pone di fronte alla stesura di un testo che rappresenti una realtà manipolabile, allora ci si trova di fronte ad una serie di problematiche di ordine pratico, di norma non esistenti nella normale scrittura lineare.
La prima è quella del diverso grado di conoscenza tra lo scrittore e il lettore. Lo scrittore descrive cose e oggetti che il lettore potrebbe non conoscere, e viceversa. Questo fa emergere anche il tema, di solito implicito, dell’identità del descrittore. Per descrittore indendo quello che genericamente viene chiamato “punto di vista” della narrazione, colui che sta narrando la cosa raccontata.
Perché parlo di realtà manipolabile? Intendo la scrittura di un testo le cui componenti non siano statiche: una scrittura in cui il lettore interagisca con le cose che legge. Questa interazione è tipica della letteratura elettronica, ma non esclusiva e nemmeno unica.
Perché fare questo? Pensate alla narrazione lasciando da parte il concetto di fabula e di intreccio. Si tratta piuttosto di una modalità per descrivere un ambiente e quindi un mondo in divenire. Lo scrittore non deve raccontare una storia, non almeno in maniera esplicita, ma deve programmare una rappresentazione del mondo all’interno del quale il lettore si sposterà generando fabule e intrecci propri, sfruttando i motori impostati dallo scrittore. Lo scrittore in questo tipo di rappresentazione testuale è più simile a un dio/biologo che inserisca in un vetrino i vari elementi che daranno poi vita a interazioni solo parzialmente conosciute dal biologo stesso. Maggiore è la consapevolezza di questo ruolo, maggiore sarà la soddisfazione del lettore nel manipolare e modificare l’ambiente.
Scrivere un mondo di questo tipo è una attività molto complessa e frustrante. Vediamone comunque assieme alcune caratteristiche emozionanti.
1. La reiterazione della lettura
Il fatto di lasciare il lettore padrone di muoversi all’interno di un mondo descritto attraverso la prosa fa sì che naturalmente avvenga una reiterazione della lettura: si leggono più volte le stesse cose. Se il protagonista del mio racconto è in una cucina, va in sala e poi ritorna in cucina, rivedrà le stesse cose. Essendo descritte con un testo, rileggerà le stesse cose.
2. La reinvenzione della reiterazione della lettura
È possibile evitare la reiterazione della lettura? Davvero nella vita reale lasciando una stanza e tornandoci la rivediamo con gli stessi occhi?
Ci sono alcune tecniche di scrittura che penso posssano essere interessanti per evitare una cruda reiterazione della lettura, dando vita a descrizioni che mutano nel tempo, pur descrivendo sempre le stesse cose.
- L’utilizzo del tempo atmosferico. Quando si scrive la descrizione di un oggetto, lo si scrive nel suo stato mattiniero, pomeridiano, serale, notturno, in una giornata di sole, piovosa, estiva, invernale e nelle possibili combinazioni;
- L’utilizzo dell’usura: con il passare del tempo gli oggetti si usurano, si rovinano e – in alcune occasioni – si distruggono. Le descrizioni dovranno tener conto del passare del tempo e dell’usura dei diversi oggetti, scrivendo una descrizione appropriata per ogni stato;
- La prospettiva: a seconda di dove si trova il narratore rispetto agli oggetti contenuti in una stanza, questi avranno una descrizione differente che li colloca geograficamente gli uni rispetto agli altri;
- L’esperienza personale e lo storico del personaggio con l’oggetto. La prima volta che guardo un oggetto avrò un certo tipo di emozioni diverse dalla decima o centesima volta che guardo lo stesso oggetto;
- Lo stato d’animo del personaggio: anche lo stato d’animo, la stanchezza, la gioia, il furore del personaggio daranno vita a descrizioni degli oggetti diverse;
- Le relazioni di un oggetto con gli oggetti che lo circondano.
È possibile per uno scrittore scrivere tutte le descrizioni possibili anche di un solo oggetto, seguendo i sei semplici passi che ho indicato? Con molta fatica. È più opportuno che lo scrittore generi dei testi adatti a categorie di oggetti, con le varianti del caso, associandoli poi ai singoli oggetti.
Ma anche questo potrebbe non bastare. Potrebbe essere necessario delegare la creazione di oggetti e delle loro relazioni e descrizioni ai lettori.
Quando parlo di relazione tra oggetti intendo la formalizzazione delle regole semantiche che regolano la nostra visione del mondo. Anche questa infatti va tradotta in linguaggio informatico per poter essere manipolata.
Guardando un tavolo pieno di cose, non analizzerò ogni singolo oggetto per descriverlo, ma attuerò una catalogazione grossolana degli oggetti per poterli manipolare mentalmente e verbalmente. “Un tavolo pieno di fogli accanto a cataste di vestiti dismessi e un cesto di frutta marcia”, in luogo di “Una lettera, un foglio bianco, uno foglio scritto a mano, un a4 stampato, un a4 stampato, una cartolina, una lettera chiusa, una t-shirt rossa, una t-shirt con disegni, un paio di pantaloni, una mela, una mela, un arancia, una banana, una banana…” et ceterae. Una descrizione dinamica testuale deve “pensare” come pensiamo noi, aggregando spazialmente e semanticamente le cose che sono nel mondo, dandoci la possibilità di poterle percepire senza perdercisi dentro.
Solo se il lettore vorrà analizzare quello che c’è dentro al cesto di frutta o sul tavolo, allora si attuerà un lavoro del descrittore teso a decifrare l’ammasso di cose e farne un dettaglio per il lettore, come abitualmente facciamo anche noi quando siamo alle prese con uno stack di biancheria da mettere a posto.
Quando parliamo di descrizione, in narrativa, parliamo piuttosto di celamento. È più quello che lo scrittore nasconde, che quello che mostra. Lo scrittore punta il focus solo sulle cose che possono essere utile ai fini della storia, del ritmo della narrazione e di tutti gli attrezzi retorici del caso. In una costruzione di un ambiente testuale, dove è la prosa generata a dare al lettore le possibilità di quello che può o non può fare, questo “nascondino” deve avere la possibilità di essere annullato. Posso evitare di raccontare ogni singolo oggetto che ho sulla scrivania, ma devo avere modo di “zoomare” sui particolari minimi (e quindi, devo aver dato al programma le informazioni per farlo). Quale è il limite dell’infinitamente piccolo in narrativa?
[continua]