Life is Strange o Renzo e Lucia?
È recentemente uscita un’intervista a tutti gli autori di Guida all’immaginario nerd, tra cui il sottoscritto. L’intervista è interessante, vi invito a leggerla.
Nelle mie risposte, ad un certo punto, affermo che se dovessi scegliere oggi qual è il media più appagante per raccontare cose, non sceglierei il romanzo, o la fiction tv, sceglierei il videogioco
.
L’affermazione può sembrare brutale per chi è affezionato all’oggetto libro come media principe per fare narrazione e per chi considera il videogioco come un passatempo alienante, ma è invece la fotografia di un arte espressiva che – anno dopo anno – prende sempre più consapevolezza delle sue possibilità andando ad assorbire ed integrare quelle dei media precedenti.
Questi ed altri pensieri mi rimbombavano in mente mentre, le scorse settimane, giocavo ad uno dei più grossi videogiochi in cui sono finito dentro negli ultimi tempi, Life is Strange. E mai quanto in questo caso il verbo giocare mi pare improprio per descrivere un’esperienza di immersione narrativa come quella che ho provato.
Life is Strange è una storia a episodi che – per costruire la sua narrazione – pesca da una molteplicità di linguaggi. Dalle avventure testuali e grafiche, ma anche dagli arcade in soggettiva usando in maniera consapevole il linguaggio cinematografico, specie quello delle fiction a puntate.
Non si tratta di un prodotto esente da difetti: il desiderio di mantenere un forte impianto narrativo spesso è a scapito del gaming, che – in alcune parti – risulta ridotto o assente facendo somigliare Life is Strange a una versione evoluta di Bandersnatch.
Ma il lavoro fatto per creare la storia e il coinvolgimento emotivo del lettore/giocatore è forte e funziona. La recitazione dei personaggi, il carattere, la ricostruzione degli ambienti scolastici deteriorati dall’abitazione umana, la storia nascosta nei graffiti sui muri, scritte, incisioni, fotografie, ricordi, la mutazione degli stessi ambienti con il passare del tempo è davvero importante.
E, nonostante l’impianto narrativo fantastico, importanti i temi di cui questo racconto adolescenziale parla: uso della droga in ambito scolastico, prostituzione per migliorare la carriera professionale, suicidio, cyberbullismo a sfondo sessuale, impatto sugli altri delle nostre azioni. E molto altro.
Fossimo in un’altra scuola direi che sarebbe più importante giocare a questo Life is Strange nelle secondarie superiori rispetto al leggere i Promessi Sposi.
Sarebbe un ottimo esempio di approccio alla letteratura di genere, fuori dalle sperimentazioni accademiche, ma anzi applicata come prodotto di massa.
E darebbe vita a discussioni in classe, difficili e quotidiane. Vitali.