The Longing
The Longing, programmato dallo Studio Seufz nel 2020 si apre con questo antefatto: il nostro signore, un enorme re di pietra, si sta per addormentare nelle cavità del mondo. Deve riposare, per 400 giorni. Lascia noi, una piccola ombra nera, con il compito di risvegliarlo al termine del sonno.
Cosa è The Longing, Un videogioco? Una simulazione? Un gioco di esplorazione? Una parabola?
Iniziando a giocare ci troviamo di fronte a uno strano platform che ingloba al suo interno i meccanismi del gioco di simulazione e quelli della avventura punta e clicca, in cui il tempo di gioco coincide con il tempo reale. Se, per dire, ci troviamo di fronte a una roccia che ci blocca il percorso e vogliamo provare a romperla con il piccone, il protagonista del gioco ci avvertirà che serviranno almeno due ore per farlo. E saranno due ore reali. Se diciamo al protagonista di leggersi un libro di Nietzsche, lui si siederà e lo aprirà e ci troveremo di fronte al testo integrale di “Thus Spake Zarathustra”, e il nostro personaggio inizierà a leggere girando le pagine, o aspettando che noi le giriamo per lui, leggendo con lui il libro…
The Longing è anche un gioco che sappiamo già quando finirà: fra 400 giorni.
Non un giorno di più, non uno di meno.
Almeno così ci viene detto all’inizio del gioco.
Dopo qualche ora di gioco l’impressione che si ha è che il programmatore abbia infilato in un frullatore Pitfall II, Sim City, Lemmings, Lifeline, Little Computer People e un tamagotchi e abbia premuto il tasto di accensione.
Il tempo in The Longing – in realtà – non corrisponde esattamente al nostro tempo, pur essendone legato. C’è un contatore che indica quanti giorni, ore, minuti e secondi mancano al momento in cui dovremo risvegliare il nostro re, ma questo contatore non è sempre allineato al tempo del lettore/giocatore.
Quando il personaggio si rilassa o si diverte, il tempo passa più velocemente. In altri posti, al contrario, il tempo letteralmente, non passa mai.
È dunque un tempo variabile, non propriamente uno spazio-tempo, ma un tempo che esiste e muta a seconda di quello che il personaggio fa.
Resta però ancorato al nostro: qualche notte fa un piccolo ragno stava tessendo una tela sulla quale la mia ombra sarebbe passata. Ma a mezzanotte e mezza la rete del ragno era ancora troppo fragile per sostenere il mio peso.
Così ho chiuso il portatile e mi sono addormentato.
Stamattina sono sceso al piano di sotto, ho messo su il caffè, ho riaperto il portatile e – nel corso della notte – il ragnetto aveva terminato la tela. Il mio personaggio si era addormentato anche lui, per terra, l’ho risvegliato e così abbiamo potuto proseguire il cammino e scoprire altre parti del sotterraneo.
Man mano che il tempo scorre The Longing continua a rompere gli schemi del videogioco.
Ad un certo punto il mio personaggio di The Longing è morto. Male. Sono rimasto a fissarlo riverso a terra mentre aspettavo che il programma mi dicesse che il gioco ricominciava, o da che punto sarebbe ripartito il salvataggio. Invece è apparsa una scritta che diceva che la mia fuga dalla solitudine era stata un fallimento.
Che la mia anima si era ammutolita.
Sono uscito dal gioco, l’ho riaperto e mi ritrovato di fronte al mio cadavere. Il gioco non poteva andare vanti perché il protagonista era morto. E, come nella vita, non c’è sempre modo di rimediare.
Non solo The Longing inserisce il tempo facendo sì che il gioco continui anche quando non giochiamo, ma prevede anche la fine del tempo. La morte è un finale di partita.
Ci sono altre cose molto belle in The Longing: la cura nei suoni, la funzionalità della grafica, il senso del mistero di un mondo da svelare e capire, il rapporto con il mondo esterno, le paure e le angosce del protagonista e la possibilità di vincerle. Alla fine The Longing è un gioco che parla del ruolo che abbiamo scelto nella vita di tutti i giorni, di quello che desideriamo davvero, della possibilità di fare delle scelte e di come queste scelte – spesso – sono irreversibili.
Un gioco apparentemente piccolo e semplice, con un gameplay lentissimo, ma che scardina le normali meccaniche del videogioco, riprende idee e progettazioni diversi dell’idea di mondo, e le mette assieme, in maniera organica, per creare un mondo coerente e originale, con misteri e luoghi che solo con grande pazienza si possono – forse – svelare.