Tra le cose emerse nel workshop di scrittura e intelligenza artificiale ad Ancona
Tra le cose emerse nel workshop di scrittura e intelligenza artificiale ad Ancona:
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i servizi come Bing o chatGPT gratuiti hanno vincoli insostenibili per chi fa scrittura: il peggiore è la censura preventiva a monte. Non è l’editore o lo stato a censurare, e nemmeno l’autore, ma lo stesso strumento di scrittura che si rifiuta di scrivere o – più a valle – inizia a scrivere ma poi si blocca cancellando tutto appena si rende conto di essere entrato nella zona delle cose “sensibili” che i programmatori di OpenAi o Microsoft hanno minato;
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sempre questi servizi sono troppo imprecisi per scrivere efficacemente. La scrittura probabilistica unita ai vincoli di cui sopra rende la parte creativa della scrittura con le AI troppo sporca e con una richiesta di tempo per affinare i prompt troppo onerosa. In soldoni: se sei uno scrittore creativo fai molto prima a scrivere direttamente quello che vuoi piuttosto che lavorare e affinare le uscite di GPT.
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da questo punto di vista meriterà uno studio a parte l’analisi dei plug-in che dovrebbero permettere una pulizia maggiore nelle uscite;
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il fatto che GPT pensi in inglese e poi traduca in italiano o che comunque sia addestrato su un vocabolario prevalentemente anglosassone lo rende inutile per tutto quello che riguarda la scrittura in versi più formale: rime, metriche, accenti vengono regolarmente “falliti” da GPT;
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più interessante l’uso di GPT come macchina generatrice di testi nell’atto di interazione con il poeta. Quasi tutti i partecipanti si sono d1vertiti a interagire con l’intelligenza artificiale, a vedere le uscite inaspettate, a ragionare con GPT e giocare con questi ragionamenti;
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a questo proposito, parere personale, a livello creativo GPT è meno interessante nella generazione di prodotti rispetto alla “performance” di interazione con l’utente: la vera novità letteraria di GPT non sono le sue uscite e gli affinamenti sulle uscite, ma l’atto generativo del testo e la sua lettura/riscrittura continua. Vedo una forma letteraria nella creazione di “macchine di scrittura virtuali”, non usate per fare libri, ma che sostituiscono l’oggetto libro come modello di lettura;
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i partecipanti al workshop hanno usato, chi uno chi l’altro, tutti e quattro i modelli di “gioco” che avevo proposto: cambiamento di dominio semantico (“riscrivi il Secretum del Petrarca con Bello Figo al posto del Petrarca”), modifica di un proprio testo di partenza modificandone la temperatura (emozioni, stile), scrittura da zero di un pezzo con regole e affinamenti, creazione di immagini parallele alla creazione di un testo;
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alcuni partecipanti hanno anche salvato i dialoghi avuti con la macchina come esempi di interazione poeta/scrittura probabilistica.
Ringrazio tutti quelli che si sono messi in gioco e anche i partecipanti alla tavola rotonda, Roberta Iadevaia e Federico Bomba.