Ebook rivoluzione & amore
Un nuovo editore/piattaforma investe sulla scrittura non lineare. Si chiama lithomobilus e, da come è stato descritto ieri da Fabio Deotto su Wired, pare che i suoi creatori abbiano ben chiaro che è possibile aumentare i contenuti narrativi, permettere di leggere un romanzo dal punto di vista di uno dei personggi, saltare intere parti e muoversi all’interno di un ambiente narrativo.
Chi segue Quintadicopertina da più tempo non si stupirà del mio interesse: proprio questi concetti di narrativa interattiva sono alla base del mio lavoro per la collana della Polistorie.
Ma il progetto proposto da lithomobilus (a cui dedicherò una recensione più approfondita dopo averlo testato più a lungo) non è isolato: il futuro della lettura è un tema caro a tutti coloro che oggi si rendono conto che stanno cambiando i luoghi e le modalità di accesso alle storie e alle informazioni. Quante volte hai consultato wikipedia negli ultimi sei mesi? Quante volte – nello stesso periodo di tempo – hai aperto un’enciclopedia per cercare informazioni? Potei fare una domanda simile confrontando la ricerca di informazioni in rete su un tema specifico e l’acquisto di una rivista di settore o la consultazione di news on-line con l’acquisto di un quotidiano. Certe abitudini di lettura (e di scrittura) stanno cambiando per chiunque sia connesso al digitale e alla rete.
Questo spiega la nascita di piattaforme come lithomobilus, inbooki, eMooks e molte altre, che lavorano in maniera diversa a costruire narrazioni che con i libri tradizionali non si potrebbero fare: storie non lineari, influenzate dal tempo, dal clima, agganciate a effetti sonori e altro ancora.
È questo il futuro della lettura? Le critiche che ho letto in rete a queste piattaforme/applicazioni sono numerose: non sono veri ebook (si tratta in effetti di applicazioni per tablet), sono distraenti, non aggiungono niente alla lettura, costringono l’autore a salti mortali per mantenere una linea narrativa, fino a critiche più radicali come quella che nega che sia possibile scrivere narrativa granulare piacevole e avvicente per chi legge.
Aggiungo i miei due cent: questo non è il futuro della lettura. Si rilassino tutti. Continueremo a leggere storie lineari e romanzi, non fosse altro perché è molto più economico e semplice scrivere un romanzo tradizionale, come è molto più semplice mettere una foto in un libro rispetto che sincronizzare un grafico interattivo con il testo che si sta leggendo. Nessuno vuole ammazzare il romanzo classico.
Tu quoque?
, potrebbe dire qualcuno. Proprio tu che pubblichi (e scrivi!) narrativa interattiva dici che questo non è il futuro della lettura?
Quello che penso è che – in genere – si considera questo argomento con un errore di prospettiva: si sta guardando al futuro della lettura come se si cercasse di camminare in cima alla famosa scala di Escher. Il futuro della lettura è come quella scala, si sta camminando per arrivare in cima e non si arriverà mai quindi, cambiando prospettiva, siamo già arrivati.
Il futuro della lettura è anche nelle applicazioni che ho citato prima. Avranno o non avranno fortuna, il discorso è che la lettura (tutta la lettura) è affascinante. Lo sapete meglio di me. La lettura è affascinante ma – attenzione – anche la tecnologia lo è. Non solo leggere è bello, ma anche fare, subire, giocare, provare tecnologia. [flashback] Negli anni ottanta io scendevo da casa mia, entravo nel circolo ACLI forte delle mie duecento lire e le infilavo in Moon Cresta. Sparavo ad alieni che volevano invadere la terra con la mia imbarazzante navicella spaziale e con vividi suoni a otto bit. Perché lo facevo? Perché pensavo che Moon Cresta fosse il futuro del divertimento? No, lo facevo perché era qualcosa di nuovo e mai visto prima che cambiava la mia estetica e il mio gusto, ne amplificava la portata. Lo facevo perché era la goffa avanguardia di una tecnologia che, presa nel suo insieme, oggi – a trent’anni di distanza – ha creato le fondamenta di una nuova arte espressiva.
Quello che vediamo oggi proporre come futuro della lettura è qualcosa che parte da lontano: in un certo senso anche da Moon Cresta, ma più naturalmente dall’inglish di The Hobbit, da Zork, dalle interactive fiction puzzle-less degli anni novanta, dai MUD, MUSH e MOO (tra cui gli italianissimi The Gate e Little Italy), dall’hypertext fiction di The Unknown; ma anche dai videogiochi, dal senso di movimento e di libertà all’interno di ambienti, alla posibilità di rivedere e tornare in posti che si è già visti (e già letti quindi).
La tecnologia cambia il nostro rapporto con gli oggetti e la progettazione dei contenuti che con questa tecnologia avranno a che fare. Pac Man ci ha cambiato, Visicalc ci ha cambiato. Facebook ci ha cambiato. Quello che un tempo era l’atto di scrivere una lettera a un amico che viveva in un altra città, si è frantumato oggi in una serie di comunicazioni istantanee, chat, video, push, tag. Perché lo ha fatto? Perché è bello, è affascinante farlo, perché è diverso da quello che facevamo prima e ci appaga. La tecnologia ha ucciso la tradizione? No: anche scrivere una lettera è una tecnologia. Abbiamo solo cambiato strumenti.
Per questo dico che il futuro della lettura non sono le applicazioni citate prima, perché quelle sono petali di una ghirlanda digitale che abbiamo una voglia terribile di metterci in testa. E quando dico “abbiamo”, intendo quelli che alzano il piedino quando vengono baciati. La lettura del futuro, il futuro del libro non sarà una qualche imposizione che cadrà dall’alto, o l’affermazione di uno standard di mercato, ma lo sviluppo di un processo di fascinazione, corteggiamento e innamoramento tra noi e la parola tecnologica. Non ce ne renderemo nemmeno conto finché non sentiremo le farfalle nello stomaco divorarci l’anima.