I cuori di Apple e la sostenibilità dell’editoria digitale scolastica
Antefatto: i cuori di Apple
Il primo Apple Macintosh che ho comperato, molti anni fa (era il 1990), montava un microprocessore Motorola, un 68020. Il microprocessore è, banalizzando, il cuore del computer, colui che si occupa di fare calcoli e calcoli per ogni cosa che noi gli chiediamo di fare.
Apple è stata nel corso dei decenni irrequieta e ha cambiato più volte il tipo di microprocessore nei suoi Macintosh. Non parlo di upgrade, ma di cambio radicale del microprocessore e della sua architettura. Cambi che – spesso – rendevano inutilizzabili i software fino a quel punto prodotti.
Il primo grosso passaggio fu quello, durante gli anni novanta, dal Motorola al Power-Pc, il secondo dal Power-Pc a Intel. Gli attuali Macintosh sono prodotti con microprocessori architettura Intel.
L’ultimo Macintosh prodotto con Power-Pc risale al 2006. Per altri tre anni i programmi scritti solo per Power-Pc sono stati supportati anche su Intel utilizzando una emulazione chiamata Rosetta. Nel 2009 Apple ha chiuso il supporto ai programmi precedentemente sviluppati per Power-Pc (con una ulteriore transizione terminata definitivamente nel 2011).
La sostenibilità dell’editoria digitale scolastica
Perché tutto questo antefatto? Ieri, su una pagina facebook dedicata ad Apple (Apple Rebels del buon Blue Bottazzi), un padre ha scritto che il cd-rom allegato al testo di inglese per la terza media di suo figlio, appena acquistato, non funziona con il suo Macintosh. Attenzione: non è il computer del padre troppo vecchio. Il messaggio di errore infatti spiega che i programmi non possono funzionare perché sono stati scritti per Power-Pc.
Nel 2015 ci sono quindi testi scolastici con cd-rom allegato, e sul cd-rom programmi didattici scritti per un architettura del 2006, abbandonata nel 2009 e non più funzionante dal 2011.
Trovo che questo incidente sia molto interessante per chi si occupi di didattica digitale e sostenibilità a lungo termine delle architetture editoriali. Ci insegna che produrre una App (che sia per Tablet o computer poco cambia) non costa soltanto nel momento in cui la si produce effettivamente, ma costa mantenerla nel corso del tempo. Sulla media e lunga distanza gli investimenti fatti per la produzione è possibile che debbano essere rinnovati per adeguarla a cambi hardware del produttore o modifiche software (API deprecate o nuove specifiche del sistema operativo). Insegna anche che investire in formati chiusi in luogo di formati aperti leggeri, potrebbe non essere una buona idea se quello che interessa sono i contenuti gestiti dalla App stessa. Credo anche che i costi di aggiornamento cambino sensibilmente lavorando con formati dalle specifiche pubbliche. Per dire la cosa più semplicemente: c’è una buona probabilità che se gli esercizi o le lezioni presenti nel cd-rom fossero stati progettati in html e javascript, adesso funzionerebbero senza dover far nulla, o con aggiornamenti con investimento molto modesto. C’è anche una buona probabilità che i programmi in Power-Pc presenti nel cd-rom non siano stati aggiornati, perché non è possibile farlo se non riscrivendoli da zero.
Insomma, a meno che non si stia scrivendo un programma che deve accedere a tutte le risorse più estreme del computer o del tablet per cui è pensato, potrebbe essere una buona idea rivolgere la propria attenzione ai contenuti che si vogliono dare ai docenti e agli alunni, e pensare a come renderli manipolabili facilmente e per molto tempo.