L’editore digitale non esiste (ma dà i numeri)
Sabato scorso sono stato alla sala Formentini di Milano per partecipare ad un evento Bookcity dedicato al digitale. Ero stato invitato come editore digitale, anche se nel corso degli interventi si è parlato di formazione, ed ho portato alcuni esempi della mia esperienza di docente sia con il Master Editoria della Cattolica, sia con ebookdesignschool di Quintadicopertina. Con me erano Davide Giansoldati di DGline e Michela Gualtieri di Tribook, che hanno raccontato del lavoro diverso, ma omogeneo, di chi usa il digitale come elemento di promozione, informazione e distribuzione dell’elemento libro. Moderatore un attento ed esperto Mauro Zerbini.
Si è parlato di molte cose, ma due vorrei riprenderle qua sul blog.
La prima: ancora una volta sono stato presentato al convegno Bookcity come editore digitale. Quintadicopertina è effettivamente nata come editrice digitale, oltre che proporsi per servizi per terzi con Quinta Factory e come formatore con la già citata ebookdesignschool.
Ma nel corso di sei anni anche il nostro lavoro e la capacità di vedere il prodotto editoriale sono mutati e — in un certo senso — si sono fatti più maturi, senza venire meno alle idee forti con cui avevamo iniziato nel 2010. Una frase che ci ha fatto da guida per molti anni è stata se vuoi fare un libro, ma invece fai un ebook solo perché non puoi stamparlo, non stai facendo un buon lavoro
. Questo significa che esistono prodotti editoriali che non hanno senso in formato ebook, così come esistono ebook che non ha senso stampare su carta. Io, editore, devo trovare il formato e la distribuzione corretta per la cosa che voglio comunicare, la storia che voglio raccontare, le informazioni che voglio dare.
Davanti alla sala gremita ho detto che io non mi sento un editore digitale, ma un editore, che — quando è il caso — usa il digitale. E ho parlato del nostro ultimo titolo Robotica Creativa per giovani tecnologici, che non è un ebook, ma è un libro di carta, un testo di robotica per ragazzi, con allegata una valigetta piena di fili elettrici, diodi, motorini. Hardware. Quanto di più lontano dall’ebook si possa pensare. E di cui non è prevista una edizione ebook, perché non è il testo che abbia bisogno di una versione digitale. Non si tratta di una marcia indietro o di una scarsa fiducia negli ebook. Uno dei prossimi testi a cui stiamo lavorando è un EPUB3 di poesia elettronica, con versi che si modificano nel tempo, reagiscono al tocco del lettore, si moltiplicano nelle pagine dell’ebook.
Ma un editore che ha a cuore il contenuto che vuole comunicare e proporre ai suoi lettori, sceglierà tutti gli strumenti adatti al contenuto e pensando a come verrà letto/fruito, da chi, e dove.
La seconda cosa che ho detto è relativa alla metodologia con cui oggi si trattano i numeri dell’editoria digitale, presentandola talvolta come un fenomeno mancato, almeno in Italia, con cifre inferiori a quelle che molti si aspettavano. Si parla spesso oggi di una percentuale del 5% di ebook venduti, rispetto al comparto del libro tradizionale. In realtà ci sono alcuni precisazioni da fare, che possono modificare in maniera importante questa fantomatica percentuale di cui si parla. La prima, più banale, è che il 5% non è riferito al numero di ebook venduti, ma al fatturato. Stante che gli ebook costano in genere meno di quelli cartacei e che – in virtù della loro immaterialità – sono più facili da utilizzare per le pratiche di sconto anche molto aggressive (i famosi ebook venduti a 0.99 €) è facile pensare che l’incidenza percentuale degli ebook venduti rispetto ai libri tradizionali sia ben superiore al 5% misurato dal fatturato.
Ma anche la stima del 5% — personalmente — la reputo un dato dopato al ribasso. Chi veramente conosce i dati di vendita effettivi del digitale infatti sono in primo luogo le piattaforme di distribuzione e in secondo luogo gli store a queste piattaforme collegate. Ebbene, la più importante piattaforma di distribuzione e vendita ebook in Italia, Amazon, i dati di vendita non li comunica. Non li ha mai comunicati. Nessuno, tranne Amazon, sa quanti ebook venda il maggiore distributore ebook in Italia. Ma allora come si arriva alla percentuale del 5%?
In genere chiedendolo ai grossi editori. Se Mondadori o Feltrinelli (e altri) dicono di aver avuto un proprio fatturato interno legato agli ebook del 5%, in media, quel valore farà da lanterna per le stime percentuali. E questo, se pensiamo al mercato tradizionale, ha un suo senso. Che però non è detto che sia valido con il digitale.
Perché non deve essere valido? Perché nel digitale i medio-piccoli editori possono avere relazione diretta con Amazon, o aprire direttamente loro il proprio store su internet, bypassando piattaforme di distribuzione e store. I medio/piccoli editori quindi possono avere vendite, anche interessanti nel caso si abbia un testo che trovi la fortuna del pubblico, che sono fuori da qualunque radar di rilevazione statistica. Le migliaia di copie di ebook vendute da Quintadicopertina in questi anni, a livello statistico, non esistono.
Ma non è solo questo: le rilevazioni ai grossi editori non tengono in nessun contro un fenomeno grosso come quello del self-publishing. I testi autoprodotti in digitale, infatti, potranno in genere vendere poche copie (anche se ci sono di tanto in tanto eccezioni). Ma i self-publisher sono tanti. Se andate a vedere chi sono gli editori che hanno immesso nuovi titoli nel mercato dell’editoria digitale negli ultimi anni, tra i primi attori non trovate i grossi editori, ma le piattaforme di aggregazione e pubblicazione dei self-publisher. Sono loro ad aver immesso la grossa maggioranza dei nuovi titoli ebook.
Anche questi sono titoli-fantasma, che non sono rilevati da nessuna stima sul mercato italiano.