Il futuro è di cartapesta
Ieri ero a Torino per il laboratorio di creazione ebook, e mentre aspettavo i primi corsisti sono andato a prendere un caffè. Bevo il mio caffè e vedo questa réclame di Espresso che dice che per fortuna il futuro è del cartaceo, c’è questo disegno un po’ puerile con un bambino che mette dei blocchi con le lettere che dicono che il futuro è cartaceo e ai suoi piedi dei tablet rotti.
Fotografo la reclame e la condivido su facebook, e oggi vedo che il dibattito rimbalza su diverse bacheche e emergono una serie di botte e risposte che pensavo che fossero morte e sepolte in questo primo sessennio di vita degli ebook in Italia.
Vorrei circoscriverne qualcuna, per mettere i piedi per terra e vedere se questa ennesima polemica non sia piuttosto una qualche azione di marketing per rassicurare questo o quel gruppo di lettori della rivista.
Il primo è che ci sia una lotta tra digitale e cartaceo. Che esistano dei fautori del digitale a tutti i costi, fautori che godano nel vedere la morte del libro, e che ci siano poi luddisti che con gli zoccoli fracassino computer per mantenere riviste e libri saldamente analogici.
Tutto questo non esiste. Le riviste analogiche, i libri analogici, di carta che profumano di carta, sono fatti, ideati, progettati, sviluppati e prodotti con software di scrittura, programmi, computer, macchine fotografiche, documenti cloud condivisi assolutamente e nativamente digitali.
I contenuti che leggete su carta nascono, spesso, da ricerche, condivisioni e informazioni che arrivano dalla rete. Provate a togliere a una redazione “analogica” tutto il brutto e cattivo apparato digitale per una settimana e vediamo.
La verità è che il digitale mette a nudo la lettura. La scorpora di un sovraprodotto che gli editori vogliono ancora tenere con sé perché funziona. L’oggetto. La gente compra oggetti, non la lettura denudata. Come dargli torto. Ma dovrebbero – gli editori- avere il pudore di non ammantare questa scelta commerciale di qualche fumosa scelta etica o culturale che non esiste.
Perché non c’è niente di male a creare oggetti. Fisici. E volere fare oggetti che raccontano storie, che danno informazioni. Non c’è niente di male. Il male è sfruttare il luddismo anti-tecnologico per argomentare una scelta che dovrebbe stare in piedi da sola, per la qualità del progetto che ci sta dietro.
Tra le altre cose che emergono in questi casi, quelle dell’apprendimento. Con il digitale si apprende meno e male rispetto al cartaceo. Qui i detrattori si dividono in due gruppi, a volte anche all’interno dello stesso post. Il digitale è meno adatto per apprendere perché troppo liquido e frammentato rispetto alla nobiltà tipografica del libro. In pratica, è più difficile studiare in digitale.
Nello stesso ragionamento però può anche capitare di imbattersi nella tesi opposta, gli ebook con video e multimedialità presentano una versione facilitata della cultura, banalizzata, mentre l’apprendimento richiede il duro studio di nozioni omogenee, non certo video e musichette.
Quando si inizia a discutere c’è sempre poi qualcuno che a difesa della tesi inizia a linkare: sei, sette studi di qualche università americana che evidenziano come gli studenti che studiano su carta hanno risultati migliori di quelli che hanno studiato in digitale.
In genere questi articoli e questi studi sono disponibili solo in digitale, il che – volendo – ha una sua ironia. Ma ha anche un vantaggio: avendo tempo libero uno può andare a leggerseli.
Io ad un certo punto me ne sono andati a leggere due o tre. Li ho scaricati, effettivamente dicono che chi studia su carta ha avuto risultati migliori di chi ha studiato su digitale. Allora sono andato a cercare, negli studi, due dati che secondo me sono essenziali.
Posto che gli studenti normali hanno studiato sui libri, ovvero hanno studiato sul “top” della tecnologia analogica per l’apprendimento, la mia curiosità era: su cosa hanno studiato gli studenti che hanno studiato il digitale? Hanno anche loro studiato con il “top” della tecnologia digitale? Era uno scontro alla pari?
Sarò stato sfortunato, ma gli studi che ho sfogliato, di questo non parlano. Venivano citati generici “e-text”, ma non c’era scritto niente su due cose che – secondo me – dovrebbero essere abbastanza importanti.
La prima: gli e-text erano contenuti progettati per sfruttare il digitale, costruiti con la stessa cura e coerenza di un libro cartaceo o si trattava di pdf di stampa dei libri di testo, o peggio ancora materiali disomogenei raccolti in quanto digitali? Ancora: con che consapevolezza didattica e tecnologica erano maneggiati dai docenti (e dagli studenti)? [grazie Marco Dom]
La seconda: con cosa sono stati fruiti questi contenuti? Con che device? Con che qualità di “stampa digitale”? Con che applicazioni e strumenti di annotazione, sottolineatura, raccordo?
Di questo, negli studi che mi sono capitati sotto le mani, citatissimi in rete, non c’era traccia. L’impressione, devo dirlo, è che questi malcapitati studenti fossero stati costretti a studiare delle pagine web in scrolling, magari su qualche tablet android entry level.
Se qualcuno pensa che la qualità della device sia un particolare secondario, rispondo con un aneddoto: anni fa un operatore mi confidò che era stato in una classe che aveva sperimentato per un anno lo studio su tablet. L’anno successivo erano tornati alla carta. L’operatore aveva chiesto sbalordito il perché, e la risposta era stata che gli studenti “avevano alla fine delle lezioni, male agli occhi”.
Mi chiedo quante scuole che si avvicinino oggi al digitale affrontino il tema dei pixel per pollice delle device da acquistare, o la gestione della luminosità in relazione a quella dell’ambiente. Eppure, credo che gli stessi docenti messi di fronte a un libro di testo stampato su carta badino anche alla qualità del libro, della rilegatura, della leggibilità dei caratteri, della bontà della carta utilizzata. Non adotterebbero dei fogli male fotocopiati e pinzati insieme alla buona.
Il futuro è del digitale? In realtà il futuro è nelle idee, nella creatività. Il digitale ci sta offrendo degli strumenti, impensabili precedentemente. Il digitale si va a rintanare in tutte le cose in cui lo riusciamo a mettere: nella carta, nelle schedine arduino, nella domotica, nel cloud, negli ebook.
Pensare che il futuro sia ‘nella carta’ è forse uno slogan di lancio di un prodotto di carta; ma non ha niente a che vedere con tutto questo colosso che sorregge il prodotto di carta. Un colosso che è per buona parte digitale e lo sarà sempre di più.