Minecraft solo testo? C’è già stato
Una riflessione a margine dalla bella giornata di ieri all’università di Aix en Provence.
Ho avuto la fortuna alla fine degli anni ottanta di co-progettare e scrivere con Alessandro Uber Necronomicon, il primo MUD italiano. È stato un lavoro durato diversi anni, molto appagante, faticoso per alcuni aspetti.
Forse per questo background, che mi hai poi portato a giocare e partecipare a molti dei MUD usciti negli anni successivi, quando sento parlare di videogiochi e letteratura, non posso non pensare a quello che già faceva quel motore.
Tutta l’impalcatura dell’emittente, messaggio, destinatario viene rivista: il MUD gira ventiquattro ore su ventiquattro, fa muovere i suoi personaggi anche se nessuno sta giocando. Il MUD è un mondo narrativo (nel senso di fabula) che funziona a prescindere dal lettore/giocatore. Ne ha bisogno, ovviamente, perché molti intrecci impliciti sono lasciati inerti in attesa di un lettore che li manipoli, ma – nel frattempo – il mondo va avanti da solo.
Molti aspetti tipici del videogioco, come la multiutenza o la gestione del tempo che passa, sono già stati affrontati e risolti in letteratura ludica con il MUD, da decenni. E in alcuni casi anche dalle interactive fiction: già ne The Hobbit della Melbourne House, 1982, i personaggi del gioco avevano una propria autonomia che poteva portarli, in alcuni casi, a litigare fra di loro e uccidersi (impedendo in questo modo di finire l’avventura di Tolkien).
Quando sento parlare di Minecraft e qualcuno si interroga di come si potrebbe avere una sandbox similare nel mondo della letteratura elettronica io penso che in un certo senso è già stata fatta. Basta vedere i MUSH e soprattutto i MOO, come l’italianissimo Little Italy, anche lui nato all’inizio degli anni novanta del secolo scorso. Non era forse – anche – un sandbox in cui costruire ambienti testuali e condividerli?
Non che io creda che queste cose siano attuali e non si tratta nemmeno di un effetto nostalgia. Grazie al cielo no. Quello che penso è che si stia arrivando ad un successivo livello del videogioco, che la letteratura videoludica stia iniziando ad avere una propria storia e che oggi si possano proporre videogame che ri-utilizzino e reinventino linguaggi che fanno parte dell’intero percorso dei giochi elettronici, senza essere schiacciati solo e unicamente sul prodotto che sfrutta all’ultimo ciclo la GPU uscita la settimana scorsa. Lifeline è un ottimo esempio.
Chi oggi si mette a fare letteratura elettronica e videogiochi potrebbe attingere ad un bagaglio che è molto più ampio di quello che si creda. Manca ancora – è vero – una visione sistematica di quello che si è già fatto in questo campo e una letteratura critica che mostri il tragitto di questi ultimi decenni di cui si stenta a comprendere la coerenza e l’omogeneità.
Ma che sia pacifica l’esistenza di un luogo narrativo dove mentre leggo succedono cose perché altre persone sono nello stesso luogo e stanno generando fabula, con il solo loro esserci, ecco, penso che sia un buon inizio per una narrativa elettronica consapevole.